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La magia di ghiaccio del lago di Braies (di Paolo Morelli)

Racconto di una notte di emozioni e fotografia sul ghiaccio del lago di Braies.

Lago di Braies, 13 febbraio 2019. Al termine di qualche giorno trascorso in montagna, fra ciaspolate e piste da sci, mi sono concesso una uscita fotografica notturna in questo luogo particolare che conoscevo bene, ma solo di giorno e in periodo estivo. Quando ho deciso di partire, quella sera stessa, non conoscevo le condizioni dello strato ghiacciato e se sarebbe stato calpestatile. Mia moglie, Barbara, perennemente in ansia quando vado in certi posti da solo, ha tentato di dissuadermi dal partire anche con mezzi scorretti. Poi, vedendo che ormai non mollavo ed ero deciso, si è adeguata e ha inaspettatamente deciso di accompagnarmi. Mai successo prima. Solitamente evita accuratamente di venire con me durante le mie piccole avventure, per evitare di stare ferma immobile per ore annoiandosi ad aspettare che la mia sete di immagini particolari sia soddisfatta. In una mezz’oretta di auto siamo arrivati sul posto. Alle 22:00 il termometro dell’auto segnava -10°.

Quando ci avviciniamo al bacino naturale, superando l’albergo che ne copre la vista fino all’ultimo, ci si apre uno scenario spettacolare. Il lago, la foresta circostante e le imponenti pareti rocciose erano rischiarate da alcuni fari accesi che servivano a illuminare un campo da Curling in allestimento. 4 persone stavano lavorando sulla superficie per disegnarne i contorni. avevano con loro 3 auto e un mezzo d’opera apposito. Ho pensato subito che almeno in quella porzione di lago sarei stato tranquillo senza fare bagnetti indesiderati. Ci avviciniamo per chiedere comunque conferma sullo spessore del ghiaccio anche al centro del lago, dove avevo in mente di posizionarmi. Gentilmente ci spiegano che con 10-12 cm di spessore del ghiaccio si ha già una tenuta ottima. Ma quella sera, grazie alle molteplici giornate sotto zero avute in precedenza, e all’assenza di sole per la maggior parte del giorno, lo strato di ghiaccio arrivava a 80 cm. Più mezzo metro di neve abbondante sopra.

Forti delle rassicurazioni avute ci dirigiamo verso il centro, avanzando a fatica sulla neve fresca, senza ciaspole non è una passeggiata. Sotto di noi ci sono 36 metri d’acqua. Qualche dubbio avanza comunque, e il pensiero mi fa correre un brivido sulla schiena. Ho visto decine di filmati su YouTube su gente o animali che annaspano sprofondando in un lago ghiacciato. Il mio zaino pesa come una palla da cannone. “Se casco in acqua devo essere veloce a sfilarlo, altrimenti arrivo sul fondo in caduta libera”, pensavo fra me e me. Mentre Barbara, ogni due passi mi ripeteva: “ma siamo sicuri??” Dopo 10 minuti arriviamo nel bel mezzo, accaldati e sudaticci. Scelgo la posizione esatta dove mettere il cavalletto. Cercando di piantarlo nella neve, essendo in carbonio e quindi molto elastico, veniva sputato fuori di qualche cm. Ho dovuto scavare fino a trovare la superficie ghiacciata per farlo stare fermo. Preparo l’attrezzatura e faccio qualche scatto di prova, in attesa che gli addetti al campo da Curling finiscano i preparativi e spengano i fari. Nel frattempo Barbara passeggiava avanti e indietro per il lago per combattere il freddo che la stava assalendo. Quando torna mi dice che percorrendo a ritroso le sue impronte ha messo i piedi a mollo, vicino al bordo del lago. Non ci do molto peso, pensando che fosse stata una sua impressione. Invece era proprio così. Sul momento mi è venuto qualche dubbio se rimanere o no, ma quel punto era sufficientemente distante da dove stavamo lavorando, per cui ho deciso di restare, anche se la mia tranquillità si era abbassata di qualche punto percentuale… Solo il giorno dopo, chiedendo a una guida esperta, ho capito che non c’era pericolo: in alcune zone, specialmente se di giorno c’è irraggiamento solare diretto, si può formare un film di acqua fra la superficie ghiacciata e lo strato di neve soprastante, che isolando dal gelo notturno, mantiene liquida l’acqua, senza comunque alterare lo strato di ghiaccio sottostante. Alle 23:00 gli operatori spengono tutto e se ne vanno. Nonostante ci fosse la presenza della luna al 45% circa di luminosità, Il cielo stellato è incredibilmente nitido e dettagliato. Il massiccio del Croda del Becco è illuminato di taglio dai delicati raggi di luce della luna che ormai bassa, in procinto di tramontare, entrava dalla Val Foresta. Oltre ai semplici panorami decido di tentare qualche scatto con la tecnica del Light Painting. Ho lasciato il telecomando di scatto remoto della reflex a casa, ma oggi ho l’aiutante che mi da una mano. Addestro Barbara con un mini corso sul pulsante di scatto e gestione ISO e siamo pronti. All’una di notte la luce è quella giusta. Faccio un giro largo per non lasciare impronte sulla neve inquadrata in primo piano, portando con me la torcia e il mio strumento auto costruito per produrre le scie luminose. Iniziamo a scattare e continuiamo per una mezz’oretta, provando varie modalità di ripresa. Questa immagine, semplice, lineare e pulita, è quella che più mi emoziona ricordando quella meravigliosa esperienza. Aria gelata nei polmoni e migliaia di stelle negli occhi, sopra ad uno dei più bei laghi d’Europa e forse del mondo, immersi in un silenzio siderale. E questa volta non da solo, ma con la persona che amo da 33 anni.

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Team Mountain eXperience
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